Ecco perché Speak No Evil (2024) è uno dei pochi remake che ha senso di esistere.
Esistono decine di motivi per cui produrre il remake di un film, a volte, questo viene accolto senza remore e senza polemiche, altre, spesso per i cult o i new cult come Speak No Evil, l’evento scatena molti malumori e delle shitstorm esorbitanti sui social network. Su questo tema colpisce infatti la controversa decisione di Midnight Factory di far uscire la Speak No Evil Film Collection – Limited Edition, prodotto che raccoglie il film originale danese Speak No Evil di Christian Tafdrup del 2022 e il remake Speak No Evil – Non Parlare con gli Sconosciuti (2024) di James Watkins con James McAvoy. Quest’ultimo uscito anche in edizione Blu-ray standard (trovate le immagini all’interno di questo articolo).
È sempre più dilagante e diffusa una bulimica fruizione del cinema. Un obiettivo voluto e raggiunto dalle piattaforme streaming, che porta quest’ultime a un grande lavoro di produzione e riciclo di tematiche e franchise per aggiungere nuovi prodotti. Piattaforme che, come competitor, hanno tutti gli altri strumenti di distrazione di massa, le attività lontane da un monitor e il semplice “sonno” dei suoi utenti. Per tenerci “incollati” hanno rispolverato ogni sorta di icona del cinema passato possibile, pur di avere un target “la fanbase”: i vecchi che con quegli idoli sono cresciuti e i “nuovi”, le nuove generazioni sulle quali si spera di far presa con qualcosa di riciclato e che si spera di riproporre fino all’esasperazione degli utenti. In questa macchina cinematografica globale e incessante non sono solo i vecchi film a risorgere in formato di remake, reboot, spin-off, prequel, sequel, etc., ma anche i film appena usciti. Sono casi, infatti, non visti di buon occhio, come Cut! Zombi contro Zombi, horror-comedy del 2022 di Michel Hazanavicius, remake francese di Zombie contro Zombie – One Cut of the Dead del giapponese Shin’ichirō Ueda del 2017. Stessa sorte per Goodnight Mommy e Speak No Evil.
Se gli altri remake scatenano disapprovazione più perché sono delle “copie carbone” dell’originale e non aggiungono nulla, per Speak No Evil il dissenso non è così “unito”. Infatti, già il film originale (quello danese) ha diviso il pubblico, lasciando meravigliati i fan del cinema estremo e disturbante, più abituati a film underground e in grado di comprendere l’idea del film, e scontentando parecchio chi però non era disposto a vedere sul grande schermo così tanto disagio psicologico e realtà.
Christian Tafdrup, regista del primo film, non ha fatto altro infatti che raccontare, sotto forma di storia più articolata, un’aggressione ricevuta realmente mentre era con la sua famiglia, nella quale non aveva avuto la forza di fare null’altro che sorridere ai suoi aggressori. Per questo, Speak No Evil del 2022 è un film molto “realista”. Ma questa è la realtà di Tafdrup o della sua Danimarca: ti ci puoi riconoscere, in parte o al 100%, oppure sentirti l’opposto di essa. Ed è qui che arriva James Watkins, regista di un altro grande horror, che è Eden Lake del 2008, che a ben guardare ha delle forti similitudini con Speak No Evil.
Il regista americano procede imitando magistralmente la prima parte di film originale, creando la stessa ansia e tensione anche grazie a un superbo James McAvoy, ma decide di virare e abbandonare il finale amaro del primo film e introdurne uno combattivo e ricco di speranza. È lo stesso Watkins a dircelo in un’intervista alla rivista SFX di GamesRadar: “Alcuni spettatori potrebbero chiedersi perché non ho rifatto esattamente il film originale, con il suo finale così crudo e implacabile. Ma io ho seguito il percorso dei miei personaggi, rispettando la loro autonomia e le loro reazioni. Dal film di Christian ho preso ispirazione per la satira e l’esplorazione delle regole sociali e di come reagiamo ad esse.”
Watkins non fa altro che prendere una storia che lo ha colpito e rielaborarla per dire la sua verità. Se questo non è cinema, cosa lo è? Da che ne abbiamo memoria nel mondo della narrazione, non abbiamo fatto altro che attingere da altre storie per attualizzarle alla nostra epoca, localizzarle nella nostra cultura e rimaneggiarle per inserirci qualcosa di nostro, di personale. Se operazioni di puro ricalco lasciano il tempo che trovano e possiamo ritenerne deprecabile, Speak No Evil del 2024 ci dimostra che non solo è giusto fare (anche) i remake, ma che due storie uguali o simili possono creare una connessione comunicativa tra i film e tra il pubblico, mostrando due approcci diversi al tema portato nella storia ma anche all’approccio cinematografico, che può e DEVE essere diverso e diversificato.
Della stessa idea (almeno spero) potrebbero essere i ragazzi del team di Midnight Factory che hanno deciso di proporre senza temere i “forconi del web”, la Speak No Evil Film Collection, con i due film che “dovrebbero” secondo alcuni essere antagonisti ma che in realtà comunicano tra loro in questa edizione anche grazie ad una astuta cover dove il villain del remake (sopra) sembra zittire le vittime del film originale (sotto).